Il Maestro Marcello Giombini
"In genere i canti eseguiti in talune nostre
chiese vengono dalla gente (specie dai giovani)
definiti "lagnosi"; al contrario dei Gospel e degli Spirituals
che - quando eseguiti da "addetti ai lavori"- per questa
stessa gente "lagnosi" non sono; e non lo sono nemmeno
quando esprimono sentimenti di tristezza o di dolore".
Marcello Giombini
chiese vengono dalla gente (specie dai giovani)
definiti "lagnosi"; al contrario dei Gospel e degli Spirituals
che - quando eseguiti da "addetti ai lavori"- per questa
stessa gente "lagnosi" non sono; e non lo sono nemmeno
quando esprimono sentimenti di tristezza o di dolore".
Marcello Giombini
Vi siete mai chiesti di come si svolgeva una liturgia eucaristica appena cinquant'anni fa?
Era il 1960 e semplificando un po' (cercando di non banalizzare), si può sintetizzare dicendo che la Messa si celebrava in latino, con le spalle all'Assemblea; che gli uomini si sedevano a destra e le donne a sinistra (e con il capo velato); che la comunione si prendeva sulla lingua, in ginocchio sulle balaustre che delimitavano il presbiterio; e che la musica liturgica per eccellenza era ancora il canto gregoriano. Già, la musica litugica.
Riguardo questo tema - che è poi ciò di cui si occupa "Note" di Chiesa - c'è da dire che nelle intenzioni dei Padri conciliari non è che ci fosse la volontà di innovare un granché.
Per accorgersene basta leggersi qualche numero della Sacrosanctum concilium, la costituzione dogmatica sulla Sacra Liturgia, laddove viene raccomandato ai pastori di conservare “il tesoro della musica sacra” che “dev’essere preservato e incrementato con grande cura” (SC 114), o dove si afferma che “la Chiesa riconosce che il canto gregoriano è particolarmente adatto alla liturgia romana. Pertanto, a parità di condizione, ad esso deve riconoscersi il primo posto nei servizi liturgici” (SC 116), per finire con il ricordare il posto d'onore che spetta all'organo a canne o alla polifonia nelle solenni celebrazioni (ci sarebbe da dire altro ancora, ma l'argomento è tanto interessante che mi propongo di dedicargli un intero futuro post).
Tant'è però, che la situazione cambiò. E ciò accadde ancorché il Concilio Vaticano II in generale, o la Sacrosantum Concilium in particolare, non abbiano mai ordinato né la rimozione delle balaustre dei presbiteri, o previsto di prendere l'eucaristia sulle mani, o incoraggiato l'utilizzo della "popolana" chitarra nelle liturgie. Per alcuni fu un soffio più forte dello Spirito, un divino sconvolgimento dei piani umani; per altri, solo il soffio - tutto terreno - dei primi, mascherato dietro la scusa della volontà di Dio. Non entriamo nella diatriba.
Fatto sta che nelle chiese cominciò una vera e propria rivoluzione della musica liturgica con un completo e repentino adattamento ai tempi e alle mode musicali del momento. E così se nel 1965, appena chiuso il Concilio, il pop-rock dei Beatles spopolava, ecco che quello stesso stile musicale venne immediatamente trasposto pari pari all'interno della musica liturgica. Con tanto di invasione di chitarre, chitarroni (e "capelloni", come ricorda Renzo Arbore), bassi elettrici, batterie e organi. Quest'ultimi, almeno nel nome, nel pieno rispetto dei dettami della Sacrosanctum Concilium, ma con la variante fondamentale del suono, ben più simile a quello del mitico Hammond che a quello di un prestigioso Morettini a canne.
Sicuramente il principale artefice di questa trasposizione fu il Maestro Marcello Giombini, uno sperimentatore puro del pop-rock nella liturgia, le cui rivisitazioni di salmi, dossologie e canoni, tante polemiche suscitarono soprattutto tra i tradizionalisti.
Ebbene, benché questo autore sia considerato alquanto controverso (e tra poco vedremo perché), a nostro parere è di una importanza fondamentale per comprendere pienamente la portata dei cambiamenti della musica liturgica a partire dal Concilio Vaticano II.
Ma chi era Marcello Giombini?
Giombini (Roma 1928 - Assisi, 2003), fu soprattutto un compositore di musiche da film (oltre 100 le sue colonne sonore), con una particolare predilezione per il genere spaghetti-western (sue le musiche della trilogia sul pistolero Sabata, interpretato da Lee Van Cliff), anche se prima di approdare al cinema, alla fine degli anni '50, fu organista e direttore del Coro dell'Accademia Filarmonica Romana e dell'Orchestra Sinfonica di Roma. Oltre a lavorare per pellicole importanti, dove collaborò con registri del calibro di Dino Risi (sua fu la colonna sonora de "La marcia su Roma", con Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi), musicò anche qualche pellicola "particolare", di quelle del cinema erotico de' noantri (quello che oggi si chiamerebbe softcore), o del "vedi e non vedi", tanto sforbiciate dalla censura quanto catalogabili tra i cosiddetti "B-movies". Tanto bastò per far gridare allo scandalo più di qualche prelato e bollare le musiche liturgiche di Giombini come sacrileghe.
Tuttavia, Marcello Giombini è a nostro parere - a buon diritto - forse l'iniziatore della musica liturgica moderna, a cui tanti altri autori dopo di lui si sono ispirati, a cominciare dal sacerdote comboniano Michele Bonfitto, certamente il più vicino allo stile giombiniano. La sua «Messa dei Giovani» (con testi di G. Scoponi) nel 1966 fece scalpore, ma fece anche scuola.
E seppure, a distanza di quasi quarantacinque anni, quei componimenti sembrano oggi tutto sommato ingenui, con un rock dal sound molto acqua e sapone, più vicino a quello suonato dall'Equipe '84 o da i Giganti che a quello praticato oltre Manica, c'è da dire che essi sono stati ormai metabolizzati dalle parrocchie e dalle assemblee liturgiche, tanto da farli diventare in certi casi dei veri e propri classici. Pensiamo al "Gloria" («Messa Alleluja», 1968), cantato ancora moltissimo sia in Italia che nei paesi di lingua spagnola, o al "Sanctus" («Messa dei Giovani», 1966), nella mitica esecuzione dei The Bumpers, pezzo simbolo della beat-generation ecclesiale. Ma come dimenticare altri brani come "Siamo arrivati da mille strade", "I semi del futuro", "Pace a te, fratello mio", il "Padre nostro", "Dio s'è fatto come noi", "Quando busserò", "Le tue mani", "Ecco il tuo posto", solo per citarne alcuni? Insomma: chi può dire di non aver almeno una volta cantato o suonato un pezzo di Giombini? E se c'è ancora chi oggi afferma che "La 'messa beat' (di Giombini, n.d.r.) ebbe l’effetto di una deflagrazione nucleare, con la fatale conseguenza di vedere riconosciuto 'diritto di cittadinanza liturgica' a una prassi tanto pericolosa quanto azzardata: e cioè, che la musica liturgica poteva essere – o doveva essere? – una semplice trasposizione della musica profana di moda" (è l'opinione autorevole di Valentino Miserachs Grau, Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra, qui l'articolo "Gli attuali orizzonti della musica sacra", riportato sul blog di Sandro Magister, www.chiesa.espressonline.it), c'è anche da dire che forse, davvero, la troppa scienza offusca la profezia del soffio libero dello Spirito.
Quel soffio entro il quale anche Giombini, più o meno consapevolmente, si è trovato ad operare con la sua musica.
Qui sotto:
I Barritas, Sanctus (Santo beat)
I Barritas, Sanctus (Santo beat)
Sito web di Marcello Giombini
Voce "Marcello Giombini" su Wikipedia
Gloria dalla "Messa Alleluja" su Youtube
Gloria a due voci su Youtube
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