13 gennaio 2007

Eutanasia: dopo Welby, ecco il caso Ridolfi


Il precedente c’è già, basta seguirne l’esempio. E così, a tre settimane o giù lì dalla morte di Piergiorgio Welby, si ripresenta un altro caso all’attenzione dell’opinione pubblica. Il proposito è chiaro. Si deve parlare dell’eutanasia e la gente si deve fare un’opinione, possibilmente favorevole. La strategia mediatica si avvale allora di storie fatte di casi limite, davanti a cui la gente difficilmente riesce a ragionare in maniera distaccata, e si lascia invece coinvolgere emotivamente. E’ facile passare dalla parte dei favorevoli quindi. Il nuovo caso è quello di Fabio, presentato stamattina nel corso della trasmissione “Sabato, Domenica e…”, il contenitore salutistico di RAIUNO che nel fine settimana sostituisce il tormentone mattutino di UNOMATTINA.
Fabio – è suo fratello Andrea che espone la situazione, ma solo a domanda dell’intervistatrice – ha 31 anni, e a causa di una trombosi, ormai da tre anni, vive in stato vegetativo: non si muove, non parla, non comunica ad eccezione che con gli occhi, unico organo che riesce a muovere. Ed è con gli occhi che comunica al fratello la sua intenzione di morire, perché la sua non è vita – dice – ma solo sofferenza.
“Ma siete disposti voi familiari a sopportare tutto lo strascico di polemiche e dibattiti che seguirebbe all’eutanasia di Fabio?”, a questa domanda Andrea risponde sicuro: “Si”.
Intanto Fabio, tifosissimo della Roma, ha ricevuto poco prima di Natale un pallone consegnatogli dal Presidente del Roma Club di Ancona con le firme autografe di tutta la squadra. E all’esortazione del capitano Francesco Totti che lo invita “a non mollare”, risponde che non può, perché vuole morire.

Il tempo di superare la botta che simili storie ti lasciano dentro e fare qualche ricerca in internet.
E così scopro che i radicali e l’Associazione Luca Coscioni si sono già occupati di Fabio (ecco il link), che la vedova di Welby segue particolarmente il suo caso, che già viene definito come “il nuovo Welby”, che dal 6 gennaio in poi, in pratica, ne hanno scritto davvero tutti, persino l'ADUC, anche se per primo, già dal 1° novembre, ne aveva scritto il Messaggero. Anche il Corriere dell’Adriatico si occupa di lui lo scorso 6 gennaio. Ed è questo giornale che riporta le volontà ultime di Fabio, affidate al fratello Andrea: "Voglio morire. Non mi fermerò fino a che le cose non cambieranno. Va contro il diritto umano obbligare una persona a vivere. E' vergognoso che qualcun altro decida per te. Da che esistiamo esiste il libero arbitrio. Nessun essere umano deve essere privato di tale diritto". Anche Studio Aperto ha ricevuto un suo appello. Attraverso una lavagna luminosa Fabio è stato in grado di “scrivere” con gli occhi: "Sono 3 anni che non parlo, non mangio per bocca e non mi muovo. Tra mille dolori. Mi rivolgo a coloro che devono decidere. Mettetevi una mano sulla coscienza e domandatevi se questa vita. A 30 anni non ho più ambizioni. Vivere così non ha senso”.
Tanto rumore mediatico quindi. E possiamo stare sicuri che non finirà qui. Anche perché, come riporta l'ADUC, avendo Fabio “chiesto di partecipare all'attività dell'Associazione 'Luca Coscioni', dichiara di essere disposto a partecipare al dibattito pubblico e di essere oggetto dell'attenzione dei media”, anche se con l'aiuto del fratello.

Cosa dire? Fabio non sarà il primo né l'ultimo malato che verrà usato per scardinare ex lege l'unico ostacolo all'eutanasia: gli artt. 578 e 579 del Codice Penale. Altre storie, altri Welby, saranno portati alla ribalta dell'opinione pubblica per combattere quella che molti definiscono “una battaglia di civiltà”. E ogni volta che ne consumeranno uno, immolandolo all'altare del dio del Progresso e della Post-modernità, ne cercheranno altri. Fino ad ottenere lo scopo dichiarato. E forse, nel dare in pasto alla gente i prossimi casi, si additeranno non più come i “nuovi Welby”, ma come i “nuovi Ridolfi”, e così via...
Fino a che Parlamento non legiferi...

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