11 dicembre 2007

Don Milani e l'oratorio di Capranica: un accostamento forzato

Se l’avesse saputo avrebbe certamente tirato giù qualche improperio. Di quelli che era solito proferire, nella sua verace toscanità, quando qualcuno dei suoi ragazzi ne combinava una delle solite. Sicuramente, comunque, non avrebbe gradito. Perché lui gli oratori (i “ricreatori” come li chiamava), non li ha mai mandati giù. Si trasformano subito - diceva - in luoghi dove il fisiologico bisogno di ricreazione di ogni ragazzo, si converte istantaneamente in “divertimento fine a se stesso”. Memorabile fu la volta in cui, a San Donato, fece volare giù dalla finestra della Casa Parrocchiale gli attrezzi del ping-pong (tavolo, racchette e tutto il resto). In tempi in cui, gli anni ‘50 della faticosa ripresa postbellica, i preti costruivano gli oratori più per competizione con i comunisti, quanto perché credevano nella loro valenza educativa. Sicché tra i primi e i secondi, nel gestire campi di calcio, cinematografi e barretti con biliardino, non c’era più alcuna differenza. I suoi ragazzi erano abituati invece al duro lavoro intellettuale della scuola popolare. E non perché non amassero divertirsi, ma semplicemente perché Don Milani non proponeva loro alcun divertimento. Non era colpa sua - affermava infatti - se si era preclusa da sé “ogni possibilità di formarsi un’opinione serena sulla ricreazione oratoriale”. E così accostare il nome di Don Milani a quello del futuro oratorio di Capranica (anche se si tratta, per il momento, soltanto della piazza dove sorgerà la struttura), è alquanto forzato. O comunque, dimostra di non conoscere nemmeno superficialmente la figura di Don Milani. Perché è fin troppo chiaro che quest’accostamento faccia male alla memoria di quel prete profetico e straordinario che tanto amiamo. Ma allora perché il nome di Don Milani? Non lo sappiamo, né vogliamo entrare nel merito di questa decisione che rispettiamo nella maniera più assoluta. Solo ci limitiamo a far notare garbatamente che questa scelta non ci sembra rispettare il messaggio e il lavoro di quella grande figura di prete.  Perché accostare sia pure en passant il nome di Don Milani all’oratorio, equivale a pretendere, con un esagerazione iperbolica, di intitolare a Padre Agostino Gemelli la piazza di fronte al nuovo santuario di Padre Pio da Pietrelcina, o a San Francesco d’Assisi, profeta della povertà, l’opulenta via Montenapoleone a Milano. Che c’azzecca, allora, Don Milani con l’oratorio?

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