28 febbraio 2013

28 febbraio 2013, ore 20,00 Sede vacante


Domenica 24 aprile 2005, Piazza San Pietro, Messa di inizio pontificato di Benedetto XVI.
Questo qui sotto era quello che scrivevo ai miei amici dopo quella straordinaria giornata:

Cari amici, questo Papa è un Grande!
Questo è quello che posso dirvi non appena tornato da una giornata sfiancante - quanto indimenticabile - a margine (si fa per dire) della XII Assemblea Nazionale di A.C..
Un'omelia eccezionale: parole semplici e dirette, un filo logico straordinariamente efficace, un programma di pontificato all'insegna dell'unità e dell'ecumenismo con Cristo al centro di tutto.
Gli amici di AC possono leggere il messaggio a loro riservato dal Santo Padre in occasione della XII Assemblea Nazionale a questo link:
Della faticaccia gioiosa vi mando in allegato un pensiero fotografico che dedico a tutti voi...
Un abbraccio
Fabio
 
Il pensiero fotografico è quello che apre questo post. Ricordo che presi questa foto praticamente in bilico su una colonnetta di travertino e non so proprio come ci sia riuscito (e non sia caduto...). Attesi con trepidazione il passaggio della "papa-mobile" finché, finalmente, passò a poche decine di metri da me e, soprattutto, a portata utile del mio vecchio obiettivo Tokina 35-135.
 
Quel giorno non avrei mai pensato che Benedetto XVI concludesse il suo pontificato rassegnando le sue dimissioni. Quasi alla maniera di un presidente della repubblica qualunque. 
Come ogni cristiano cattolico, invece, avrei messo la mano su fuoco che sarebbe morto da Papa, come tutti i suoi predecessori e come Giovanni Paolo II, che mostrò al mondo la sofferenza di un uomo per la Chiesa di Cristo.
E invece tutti sappiamo com'è andata. Con le dimissioni annunciate in latino, quasi sommessamente, senza grandi proclami, davanti ad un manipolo di cardinali l'11 febbraio scorso.
 
Eppure, rileggendo le parole che scrivevo otto anni fa e, soprattutto, rileggendo l'omelia di quell'inizio pontificato, di colpo capisco come il gesto delle dimissioni fosse assolutamente da prevedere e da mettere in conto per una persona come Joseph Ratzinger.
Perché lui, "umile lavoratore della vigna del Signore", come si definì il giorno della sua elezioni, ha sempre vissuto praticandola davvero l'umiltà. Non un fatto di facciata, una parola d'effetto, un concetto etereo e irreale, ma solo concreta, solida, tangibile umiltà.
 
Basta rileggersi, per esempio, molti suoi discorsi e omelie per capire come si rivolgeva a quella straordinaria figura di Giovanni Paolo II: "il mio amato predecessore...", lo chiamava. Forse nessun Papa si è mai rivolto in pubblico o ha mai citato un altro pontefice sottolineando quanto lo amasse...
 
E basta riguardarsi qualche filmato per vederne il sorriso sempre sereno ma quasi imbarazzato, davanti agli applausi della folla o ai cori dei giovani acclamanti alle GMG di Colonia, Sidney, Madrid...  
 
Benedetto XVI è stato un Papa gigante di una grandezza diversa da quella del carismatico comunicatore che fu Giovanni Paolo II. Un Papa tutta sostanza, iconoclasta in senso buono come ho già avuto modo di scrivere. Dalla semplicità di linguaggio e dalla contemporanea altezza vertiginosa dei temi.
 
Non spetta a me giudicare l'opportunità delle sue dimissioni. Ma posso dire con certezza che la sua coscienza, la sua umiltà, lo hanno portato a decidere per il meglio della Chiesa.
Quella Chiesa che in uno straordinario passaggio della sua prima omelia definì viva e giovane. E che tale ha nuovamente definita nella sua ultima udienza ieri in Piazza San Pietro.
"La Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro".
Forse è per questo che Dio ha insondabilmente ispirato a Benedetto di passare il testimone...
La Chiesa è viva ed è giovane.
E il soffio vitale dello Spirito Santo ce lo dimostrerà.
Basta avere fede.
 
 

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