Circa un anno
fa, sabato 26 maggio 2012, si è insediato il nuovo Consiglio comunale uscito
dalle urne nella tornata elettorale del 6 e 7 maggio. Proprio nuovo nuovo non è,
a cominciare dal Sindaco, che ha già fatto il primo cittadino dal 1993 al 2002.
Tuttavia, la lista "Senza Frontiere", nata nell'autunno del 1993 dopo
il terremoto che portò all'arrivo del commissario prefettizio (Dott. Giuseppe
Pompella, si chiamava), ha sbaragliato letteralmente quella avversaria,
conseguendo ben 2.759 voti contro 1.102 (fonte Prefettura di Viterbo e sito del Ministero
dell'Interno). In pratica la proporzione è stata quasi di 3 elettori su 4. Nulla
di sorprendente rispetto alle previsioni, perché nessuno alla vigilia delle
elezioni - forse nemmeno la lista avversaria - avrebbe scommesso diversamente
sul loro esito.
Ma a
vent'anni dalla sua nascita, "Senza Frontiere" presenta ancora una
notevole forza che si manifesta eloquentemente nei risultati che ottiene,
frutto di un appeal elettorale ancora solido e di tutto rispetto. Qual è il
segreto di questo successo? E quali sono i possibili scenari futuri? Il trend
della sua crescita? Lo scopo di questo articolo è proprio quello di tentare
un'analisi politologica del fenomeno "Senza Frontiere", alla luce di
venti anni di conservazione del potere locale, senza tralasciare alcuni aspetti legati alle liste che hanno
provato, nelle 5 consultazioni elettorali succedutesi dal 1993 ad oggi, a
competere senza successo con questo complesso soggetto politico, e per
concludere con una serie di considerazioni riguardo alcune distorsioni o
patologie che sono insorte, in questo lungo periodo, a carico del processo
democratico a Capranica.
La forza di "Senza Frontiere":
una macchina elettorale
Se si osserva
da vicino l'attività politica di "Senza Frontiere" dal 1993 ad oggi,
la prima cosa che salta agli occhi è la totale mancanza di una struttura fisica
che la accompagni. Manca infatti ancora oggi di una sede e non ha un
riferimento vero e proprio verso un soggetto politico specifico. All'esordio,
venti anni fa, era esattamente come oggi. Nata all'ombra del campanile di San
Giovanni raccogliendo la sollecitazione del parroco, che convocò per primo, nel
luglio del '93, una riunione alla Casa della Comunità per incoraggiare
l'impegno dei cattolici per la cosa pubblica, la lista prese corpo in luoghi
sceltamente lontani dalle sezioni della Democrazia Cristiana e del Partito
Socialista. E così, mentre in quegli ambienti si ragionava se e come salire sul
pullman in partenza per Viterbo (questa una delle metafore o immagini mentali più care
alla lista), il motore del pullman veniva messo a punto, il serbatoio rifornito
di carburante, il conducente convinto -
all'inizio con fatica - della sua capacità di sedersi al volante, girare la
chiave, mettere in moto e partire. Con gli altri, i vecchi morenti partiti
tradizionali, a manifestare il loro sostegno a mezzo di frettolosi inutili manifesti.
Ed il tutto nell'ambito di una dialettica politica totalmente diversa dal
passato che non ha sentito, sin da subito, il bisogno di ancorarsi a luoghi
fisici particolari (ad eccezione della sede elettorale, peraltro smantellata poco
dopo la vittoria).
E negli anni
successivi la filosofia è rimasta la medesima. Con la differenza che nelle
competizioni elettorali del '97, 2002, 2007 e 2012 la sede della lista non è
stata fatta più. Perché non se ne sentiva più il bisogno.
"Senza
Frontiere" ha quindi precorso i tempi, uscendo dagli schemi politici
tradizionali sin dagli stessi luoghi deputati per la politica, e divenendo, più
che un soggetto politico vero e proprio, un fenomeno elettorale di massa tanto
forte quanto evanescente, quasi un mini-movimento che risorge un mese prima
delle votazioni per tornare in letargo nei cinque anni successivi, ricordando
da questo punto di vista più politologico, il movimentismo carismatico che
tanto ha caratterizzato il panorama politico italiano della seconda Repubblica,
da Forza Italia all'Italia dei Valori. Insomma, un "partito che non
c'é", una "cosa" che esiste solo dal punto di vista elettorale,
governata da un ristrettissimo vertice, guidata da una indiscussa forte
personalità, e con il centralismo democratico di frattocchiana memoria a far da
metodo di lavoro. Senonché, la radice storica della lista di frattocchiano non ha nulla,
e di democristiano moltissimo.
Le chiavi del successo di "Senza
Frontiere"
A "Senza
Frontiere" gli vanno riconosciute tre cose, in particolare, che costituiscono
le chiavi del suo successo elettorale. La prima gli deriva dal fatto, l'abbiamo
già detto, di non aver praticato le tradizionali vie della politica e di non
aver avuto riferimenti partitici precisi (anche se dal '97 in poi è stato più
chiaro lo spostamento del suo asse verso il centro-sinistra ulivista). Questo modus operandi ha portato alla
straordinaria opportunità - colta in maniera eccellente - di ottenere voti da
un elettorato trasversale e vasto, slegato dalle opinioni personali che si
esprimono tradizionalmente nelle elezioni politiche, e più orientato verso le
persone. Il patto di fiducia tra gli elettori e "Senza Frontiere" si
basa infatti sul rapporto di fiducia tra gli elettori stessi e ogni singolo
componente della lista, ed in particolare con i suoi esponenti di spicco (le
performance numeriche di alcuni di loro sono la prova della qualità e della
salute di questo rapporto di fiducia). In pratica, "Senza Frontiere"
è stata costruita come si costruisce una lista civica dove le persone arrivano non
in base al proprio pensiero politico, ma con l'intenzione di impegnarsi a
favore della cosa pubblica, senza barriere ideologiche e preclusioni di sorta (anche
se questo si è verificato soprattutto agli albori, mentre nel tempo, nella
inevitabile sua evoluzione, l'approccio è un po' cambiato). La seconda è
senz'altro l'estrema praticità che questo gruppo ha sempre espresso, una
praticità se vogliamo non esattamente raffinatissima, eppure sempre efficace e valida,
che bada più alla sostanza che alla forma, anche se comunque dal sapore molto
nazionalpopolare (che in termini elettorali è sempre un pregio e mai un
difetto). Ebbene, l'aver scelto di non rinchiudersi dentro alcune stanze, ed aver
costantemente portata la propria presenza tra la gente e l'associazionismo, ha
pagato anche da questo punto di vista. Si è inaugurata anche qui una nuova
maniera di far politica decisamente in rottura con gli schemi tradizionali. Fino
al 1993 i partiti che componevano la maggioranza di centro-sinistra (il
centro-sinistra della prima Repubblica che era ben diverso da quello di oggi),
discutevano all'interno delle sezioni, secondo un protocollo abbastanza formale
e rigido, le varie problematiche sulle quali, successivamente, i propri
rappresentanti eletti nell'Amministrazione comunale venivano chiamati a
pronunciarsi in conformità alle linee previamente stabilite. Dal 1993 in poi, è
saltata invece in maniera completa l'intermediazione delle sedi politiche
tradizionali e gli stessi amministratori hanno direttamente accolte e fatte
proprie le istanze che essi stessi ricevevano dall'associazionismo e dalla
società civile. Gli amministratori di "Senza Frontiere", presenti in
maniera capillare nel tessuto sociale, quasi a presidio dello stesso e vedremo
poi con quali conseguenze, hanno intercettato in maniera subitanea gli umori e
le aspettative di singoli e gruppi (formali e informali), potendole portare al
tavolo del comando senza intermediazioni. La terza, infine, è l'aver affrontato
l'amministrazione del Comune con lo stesso spirito del buon padre di famiglia,
facendo le cose che via via si presentavano da fare nel più breve tempo
possibile, cercando di guardare concretamente a quello che di più urgente era
necessario fare per la comunità di Capranica.
Il trend di crescita di "Senza
Frontiere"
Dicevamo
nelle righe di incipit, che nessuno
alla vigilia delle elezioni avrebbe scommesso diversamente sul loro esito. E
forse nemmeno la lista avversaria (che tra l'altro ha rincorso affannosamente
fino all'ultimo un accordo con "Senza Frontiere" per ottenere uno o
due posti sul pullman in partenza per Viterbo). Ebbene, in molti hanno provato
ad interrogarsi su quanto può crescere ancora "Senza Frontiere" e su
quanto può durare come fenomeno politico-elettorale. Ed il quesito non è
affatto di facile risposta, a meno di essere facilmente smentiti nei fatti. In
fondo, molti avrebbero giurato - noi no - su una flessione della lista a causa
di una gestione non proprio condivisibile di alcuni importanti temi (su tutti: questione
arsenico e passaggio dell'acqua a Talete). Flessione, come dicevamo sopra,
smentita nei fatti del risultato elettorale (poi se alcuni illusi vogliono
lanciarsi in improponibili voli pindarici per dimostrare che alla luce
dell'incremento demografico e della leggera diminuzione di votanti tale
flessione, seppure in termini percentuali irrilevanti, c'è stata, beh... liberi
di farlo). Altri, più realisticamente, sono convinti che a meno di grandi
errori che portino ad un incrinamento del rapporto di fiducia elettori/eletti -
ed allo stato assolutamente improbabili - la lista "Senza Frontiere"
sia ancora destinata a governare Capranica almeno per il prossimo decennio. Altri
ancora pensano che "Senza Frontiere" finirà quando il suo leader
deciderà autonomamente di farsi da parte, magari in seguito a qualche altro
incarico più prestigioso, facendo emergere la sete di visibilità e protagonismo
di alcuni componenti, finora tenuti a bada dal carisma del capo, e portando ad
uno sfilacciamento o, addirittura, ad una disintegrazione della compagine.
Alcuni infine, sono convinti che "Senza Frontiere" può essere battuta
solo da una compagine che sia identificata dall'elettorato come un'alternativa politicamente
credibile, e che abbia la capacità di scendere sul suo terreno privilegiato,
con gli stessi suoi mezzi: civismo, associazionismo, non identificazione in
schieramenti politici.
Le liste competitrici di "Senza
Frontiere"
Se si esclude
la lista capeggiata da Francesco Lariccia nel 1993 e quella di bandiera di
Rifondazione Comunista in occasione del "plebiscito" del novembre 1997
(voluta giustamente, come ebbe a dire il responsabile regionale del Lazio di
PRC, per non lasciare Capranica senza opposizione), dal 2002 in poi le
compagini che si sono confrontate con "Senza Frontiere" hanno avuto
sempre una chiara connotazione politica. Ma a parte questo fatto, non
necessariamente negativo in un contesto di dialettica politica canonica (non a
Capranica), la lista della Casa della Libertà nel 2002 e la lista "Nuove
Energie", nel 2007, hanno avuto l'handicap di nascere ad un minuto dalla
partenza del pullman, con l'affannosa idea di "fare qualcosa" per
sbarrare la strada a "Senza Frontiere", senza un respiro politico e
un progetto alle spalle. E così, se abbiamo definito "Senza
Frontiere" fenomeno elettorale - in senso positivo - non possiamo non
definire, stavolta in senso negativo, i tentativi del 2002 e del 2007, ma anche
del 2012, poco più che pie intenzioni. E non perché non andavano fatti o perché
non fossero degne di rispetto le persone che si sono messe in gioco, a cui va
riconosciuto almeno il coraggio necessario ad opporsi alla potenza di fuoco
della Bismark "Senza Frontiere", ma perché tali esperienze sono state
gravemente tardive nel tempo, nonché prive della necessaria e misurata distanza
da connotazioni partitiche precise (nel 2012 ha pesato, per esempio, l'ombra
della destra estrema). Davanti ad alternative così, dunque, l'elettorato ha
finito per conservare l'esistente, premiando "Senza Frontiere" con
convinzione addirittura rafforzata, nonostante i malcontenti che pure ci sono
dopo venti anni (oltre a quelli legati ai temi che accennavamo sopra).
Eppure...
Eppure, venti
anni di governo di "Senza Frontiere" e la mancanza di una vera e
propria opposizione che si proponesse come alternativa reale e possibile, hanno
anche avuto come conseguenza l'insorgere nella vita sociale e politica
capranichese di alcune distorsioni o patologie a carico delle sue poco
sviluppate dinamiche democratiche. Vediamole insieme.
1^ patologia: l'abdicazione dei
capranichesi alla propria coscienza politica.
La sparizione
dei partiti con i loro apparati - per ultimo, in ordine di tempo, il Partito
della Rifondazione Comunista - ha portato un vuoto nella vita sociale che si è
tradotto in una vera e propria abdicazione all'esercizio di una coscienza
critica/politica da parte dei capranichesi. La mancanza di luoghi dove si parla
di politica ha portato conseguentemente a non parlare più di questo tema, con
il nascere della distorta idea che di tale argomento si possa occupare esclusivamente
solo chi si cimenta con l'amministrazione pubblica, insomma chi è eletto in
Consiglio Comunale. Non ci possiamo stupire quindi se sempre meno persone a
Capranica si occupano di politica: in pratica il sindaco, i 10 consiglieri
comunali, tra maggioranza e minoranza, e qualche altra persona. Se arriviamo a stento a 20 persone, su quasi
7.000, capiamo bene che a Capranica la democrazia non gode di buona salute,
traducendosi piuttosto in una ristretta oligarchia collusiva (non è una accusa,
perché non è colpa di nessuno - e men che meno mia - se dal punto di vista politologico un siffatto
tipo di governo così ristretto viene nomenclato così) sensibile agli interessi
dei poteri economici e dell'imprenditoria locale (per questo l'aggettivo
"collusivo"). Insomma, tra il
numero di persone che a Capranica prende parte ai processi decisionali e l'oligarchico
consiglio degli anziani che governa le società tribali, non passa alcuna
differenza.
2^ patologia: la totale mancanza di luoghi
deputati alla politica a Capranica.
L'altra
distorsione o patologia, diretta conseguenza della precedente, è la totale
mancanza di luoghi deputati alla politica a Capranica. E il mantenimento in
vita, la nascita o la rinascita di tali luoghi non è stato di certo favorito (anzi,
si direbbe proprio scoraggiato, e colpevolmente), dalla lista "Senza
Frontiere" in questo lungo periodo. Avrà un significato che pur facendo
parte dell'Amministrazione Comunale alcuni esponenti di spicco del PD, questo
partito a Capranica, pur professandosi la compagine certamente più democratica
in Italia (e sottoscriviamo, almeno dal punto di vista puramente teorico), non
abbia una sede, non faccia nessuna attività di partito e non pubblicizzi nemmeno
come fare per poter prendere la tessera ed aderire? Avete mai visto la sede del
PD a Capranica? Sapete dov'è? Noi no. Semplicemente perché - probabilmente
unico caso in Italia - non c'è. Eppure nasce in maniera "fatata"
quando si tratta di portare a votare per le primarie nugoli di persone inconsapevoli
(che col PD non hanno nulla a che fare) chiedendogli di scegliere personaggi
che garantiscono il mantenimento dello status
quo in Italia (come Bersani, per esempio), come a Capranica. Evidentemente quindi
si preferisce non dare strumenti che possano favorire la partecipazione della
gente. In fondo più persone partecipano e meno è in grado, chi tiene in mano le
redini del comando, di impedire un qualche rinnovamento (hai visto mai che
qualche rompiscatole idealista si avvicini al partito e pretenda di vederlo
funzionare come un normale partito? Giammai!)
3^ patologia: la non separazione o sovrapposizione/identificazione
tra amministrazione e politica.
Ancora. La
mancanza di questi luoghi propri della politica ha causato di fatto una vera e
propria non separazione o sovrapposizione/identificazione tra amministrazione e
politica, per cui se prima del '93, come abbiamo già detto, la dinamica del
processo decisionale - pur con tutti i
suoi difetti - era:
A) discussione del tema/problema nelle sezioni di partito
|
|
V
B) applicazione dei risultati della discussione nell'Amministrazione
e quindi in Comune,
oggi la
dinamica è:
A) discussione del tema/problema nell'Amministrazione e
quindi in Comune (come luogo fisico)
|
|
V
B) applicazione dei risultati della discussione nell'Amministrazione
e quindi in Comune (come luogo fisico).
Il luogo
fisico è il medesimo (il Comune) sin dall'inizio del processo decisionale e fino
alla fine dello stesso (l'emanazione dell'atto politico), con grave anomalia.
Infatti sarebbe più corretto, dal punto di vista democratico e per rispetto dell'Istituzione,
non utilizzare come luogo fisico il Comune per la fase A), bensì dotarsi di una
sede, discutere all'interno della stessa i temi in agenda insieme ad eletti e
sostenitori favorendo la loro partecipazione (e la libertà, come ricorda il
grande Gaber), e quindi portare i medesimi temi in Comune nell'ambito delle
dinamiche proprie della pubblica amministrazione. Ma il frattocchiano centralismo democratico così
andrebbe di colpo in soffitta...
4^ patologia: gli ambiti della vita sociale
presidiati in maniera capillare e scientifica
Altra
patologia osservabile, è data dal constatare che gli ambiti della vita sociale capranichese
sono presidiati in maniera capillare e scientifica secondo una sorta di - ci si
passi il termine - occupazione manu
militari (tanto è stata scientificamente disposta e organizzata). Un
presidio efficace ed efficiente dei posti strategici della vita sociale
capranichese che evidenzia eloquentemente l'applicazione di metodi di conservazione
del potere molto somiglianti all'adagio dal sapore western, "non voglio noie nel mio locale". E
così, ecco che i posti chiave sono stati tutti ricoperti da uomini di fiducia appartenenti
al primo o al secondo cerchio di potere dell'estabilishment locale, con una
maniera di amministrare che non si è accontentata di restare nell'ambito delle
competenze strettamente comunali, ma che si è progressivamente espansa nella
vita sociale, secondo metodi che di politicamente innovativo non hanno nulla.
Associazioni di volontariato, istituzioni di credito, associazioni di
produttori, associazioni laicali religiose, nulla è stato risparmiato al
controllo della ristretta cerchia di potere. Con il beneplacito di moltissimi capranichesi
(non tutti per fortuna) che pur lamentandosi tanto di questo fatto, ma ben
lontano dagli orecchi di chi governa, lo hanno consentito fornendo il proprio
appoggio, i propri voti, le proprie deleghe (e quindi - ahinoi! - attraverso
l'utilizzo di strumenti purtroppo democratici).
5^ patologia: la mancanza di rinnovamento
della classe politica
L'assenza di
partiti e gruppi di impegno politico, ha fatto si che non si avviasse un vero e
proprio rinnovamento della classe politica dirigente. Nella lista "Senza
Frontiere" il rinnovamento è stato di volta in volta programmato dal primo
cerchio decisionale, esclusivamente in chiave elettorale, sempre pescando in clan famigliari numericamente importanti dal punto di vista dei portafogli di voti posseduti,
e dopo aver persuaso i compagni di strada più stanchi a farsi da parte magari
con l'inviarli a presidiare altri organismi. Uno pseudo-rinnovamento quindi,
che è stato operato cercando anche di scegliere elementi, all'interno di quelle
stesse famiglie o gruppi particolari, di sicura fedeltà e con poca attitudine
personale all'analisi dei temi e alla critica interna, se necessaria. Basta,
ancora oggi, assistere ad un Consiglio Comunale per rendersi conto di quanti
consiglieri di maggioranza possiedono autonomia tale da poter intervenire nei
dibattiti sui punti in ordine del giorno (atteggiamento, si dirà, che potrebbe anche
essere giustificato quale scelta di scuderia, ma tutt'altro che democratico né
condivisibile da una qualsiasi persona che realmente senta una coscienza che la
induca a spendersi per il bene comune).
6^ patologia: autoreferenzialità e totale
mancanza di informazione dell'elettorato
L'aver
affrontato l'amministrazione del Comune con lo stesso spirito del buon padre di
famiglia, come abbiamo scritto nella parte relativa alle chiavi del successo di
"Senza Frontiere", se da una parte ha prodotto grandi risultati
elettorali, dall'altra ha portato all'assenza di una organica pianificazione,
che si denota già dalla lettura degli stessi programmi elettorali della lista,
da sempre molto light, quasi fossero
sceneggiature "aperte" (mutuando il termine dalla
cinematografia). Tuttavia, la patologia
che si annida dietro tale approccio politico/amministrativo è data dall'assenza
di un soggetto al quale "Senza Frontiere" deve dar conto. In venti
anni la comunicazione in direzione del proprio elettorato è stata pressocché
assente, segno evidente e tangibile di un elevatissimo livello di
autoreferenzialità dei membri della lista, e di altrettanto scarso rispetto per
i propri elettori, chiamati a raccolta solo per esprimere il proprio consenso
elettorale in maniera acefala e plebiscitaria e tenuti lontani da ogni
possibile attivo coinvolgimento (si, va bè, sono stati fatti e distribuiti
capillarmente i cosiddetti "bilanci sociali di mandato", ma resta il
fatto che è sempre e comunque troppo poco). E di tale patologia non ne è esente
di certo nemmeno l'opposizione che nella propria bacheca informativa non trova
di meglio che conservare per sei mesi gli auguri per il Natale, forse con
l'intenzione di farli buoni anche per quello che verrà.
7^ patologia: disabitudine della classe di
governo/dell'oligarchia locale alla presenza di voci critiche
Venti anni di
zero dinamiche democratiche a Capranica, infine, hanno portato a pensare
distortamente chi governa di trovarsi, magicamente o secondo qualche speciale
assistenza divina, dalla parte giusta. Solo chi governa, che pure opera delle
scelte opinabili, giuste o sbagliate che siano, ma pur sempre opinabili, avrebbe
infatti la ricetta per comprendere i cambiamenti, per capire le istanze della
comunità, per intuire i suoi bisogni e le sue necessità. Torniamo ad usare
l'immagine della fotocopiatrice, già utilizzata in altro articolo (quello sul
Centro Storico, ecco il link). Una fotocopiatrice non diventa un pozzo di
scienza solo perché copia tanti libri, come l'essere eletto amministratore
comunale non conferisce l'infallibilità e l'onniscenza. E così, di fronte a
questo tipo di approccio di governo, la classe politica locale (vale anche per
l'opposizione), si è totalmente disabituata alla presenza di voci critiche, che
giocoforza vengono riconosciute come ostili o piuttosto ascoltate (anzi,
controllate) con qualche preoccupazione e sussulto (del tipo: e mo' perché
questi ce l'hanno con me?), senza considerare che tutti sono tenuti ad
interessarsi della cosa pubblica e a partecipare alla sua gestione. Anche senza
essere eletti. Un Ventennio di piattezza politica, pertanto, ha prodotto questa
sorta di artificiosa costruzione del consenso in cui è immersa la coscienza
politica dei capranichesi (Bulgaria docet),
con la totale impossibilità di avere una benché minima opinione discorde tra le
scatole.
Conclusioni
Un anno di
"Senza Frontiere". Venti anni di "Senza Frontiere". Come
sempre, quando è tanto tempo che si occupa un posto di potere, è inevitabile
essere oggetto di osservazione e bilanci. E' successo in tutte le epoche ed a
tutti i livelli amministrativi. Per non essere al centro di queste valutazioni -
o se quando si è oggetto di queste, si prova un senso di fastidio - basta
starsene a casa propria, lontani dal dibattito politico ed al sicuro da
qualsiasi voce contraria. Le considerazioni espresse in questo articolo, non
sono però una valutazione morale dell'operato di venti anni di amministrazione.
La politica è fatta di scelte, e queste possono essere giuste o sbagliate, ma
sempre rimandate al giudizio degli elettori i quali assurgono a vera e propria
autorità morale. Sono invece una analisi critica dal punto di vista politico e
politologico di un fenomeno, quello della lista "Senza Frontiere",
che ha caratterizzato la storia recente capranichese con luci ed ombre. Con
l'auspicio di riportare i nostri concittadini a riscoprire la politica locale,
interessandosi ad essa senza tema di essere accusati di invadere campi di
esclusiva competenza di pochi, e contribuendo soprattutto a far rinascere a
Capranica i luoghi dove è possibile appassionarsi del dibattito intorno al bene
comune. Perché a Capranica ce n'è veramente bisogno. Il ruolo di Piazza
Capranica sarà allora quello di risvegliare le sonnolenti menti dei
capranichesi e pungolare chi detiene le leve del comando ad essere più
sensibile verso reali e vere dinamiche democratiche.
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