Il Monte San Vicino è un massiccio dalla grande gobba che caratterizza fortemente lo skyline marchigiano. Si staglia imponente su Matelica e Cerreto d’Esi, ad ovest, e su Apiro e Cingoli ad est. Si trova sul confine tra le province di Macerata (a sud) e di Ancona (a nord), a qualche chilometro da Fabriano (a nord) e da Camerino (a sud), i centri più importanti della zona. Anticamente i romani lo avevano consacrato a Giano bifronte perché vegliasse sul confine Piceno contro i popoli umbri, e da questo fatto, probabilmente, deriva il suo nome. Dal centro di Matelica si sale ai Prati del San Vicino, una sella sul fianco sud della montagna, percorrendo circa 15 km di strada panoramica (25 minuti), ovviamente da aggiungere, nel nostro caso, ai 190 km che separano Capranica dalla cittadina marchigiana (circa 2h e 30min).
La sottosezione “Pier Giorgio Frassati” della Giovane Montagna aveva messo in programma questa bella escursione che abbiamo deciso di non farci scappare per tornare a godere, dopo tanto tempo, dei rigeneranti paesaggi montani. A causa di qualche defezione dell’ultimo momento, hanno camminato con me e Teresa, Antonella e Andrea (da Arezzo, il nostro presidente sezionale), Tina e Roberto (da Monza). Pochi ma buoni.
I Prati del San Vicino
Ai Prati del San Vicino alla fine di maggio è un’esplosione di fioriture. Grosse chiazze di peonie selvatiche in piena fioritura, si alternano a bellissimi asfodeli, alcuni ancora timidamente aperti, che emergono da un tappeto di ranuncoli gialli. Dopo aver ammirato le fioriture ed aver fatto tutte le foto possibili, si parte dai Prati del San Vicino seguendo il sentiero 165 che, malsegnalato, si perde ben presto sotto le pendici del monte San Vicinello, non appena si inoltra all’interno della faggeta. Data un’occhiata alla mappa, non resta che continuare il sentiero in discesa che segue il canalone boscoso fino ad incontrare il sentiero 209 che collega Elcito con i Prati di San Vicino. All’incrocio si svolta verso destra, ancora in discesa, seguendo una recinzione di rete metallica da lupo, più volte aperta, fino a raggiungere il fontanile con la sorgente dei Trocchi di San Vicino (1053 mslm circa). In questo punto il sentiero si biforca. Si prende quello di destra e si tralascia quello a sinistra, anche se è ben più visibile del primo. Si passa ben presto al centro di un grande prato in pendenza da cui si comincia ad intravvedere, in lontananza, il lago di Cingoli ed il Monte La Pereta, dietro il quale è la nostra meta di fine mattinata: Elcito. Dal pratone si entra di nuovo nella faggeta, dove si costeggiano vari appezzamenti di taglio turnale del bosco. Si segue in questo punto, per un buon tratto, la isoipsa 1000 mslm e si scende gradatamente verso la isoipsa 950, che il sentiero ricalca lungamente fino a scendere quasi all’improvviso, dopo una piccola radura, verso quota 900 e la Sella di Monte Vincola. Qui si può scegliere di percorrere la strada asfaltata fino a Elcito oppure di raggiungerlo attraverso la vetta di Monte La Pereta (976 mslm). Noi scegliamo questa via che – garantisco – porta davvero a belle soddisfazioni in termini di panorama da godere. Per superare la recinzione, si utilizza un piccolo varco pedonale con cancelletto che va rimesso rigorosamente in posizione. Dal cancelletto si entra in un grande imposto di legname dove in uno stazzo protetto da filo elettrificato, si riposano pacifici oltre una decina di muli da soma, utilizzati durante la settimana per il ricaccio del legname tagliato dal bosco. Le foto ai muli sono di rito, ma fate attenzione al filo elettrico perché si trova giusto giusto ad altezza del petto di un uomo di altezza normale e sentire la scossa è davvero un attimo (niente paura però, è a basso voltaggio e non uccide… ma fa male!). Lasciato lo stazzo con i muli, si comincia a salire nel grande prato verso la vetta di monte La Pereta mentre pian piano, a destra, lo sguardo si comincia ad aprire in lontananza sul Monte dell’Ascensione e la Montagna dei Fiori (Ascoli Piceno), la catena dei Monti della Laga (vista di profilo col monte Comunitore e il Pizzo di Sevo), i Sibillini (si vedono di tre quarti, con il Vettore schiacciato a sinistra, e poi nell’ordine l’Argentella, la Sibilla, il Bove, la Priora). In cima al monte La Pereta (976 mslm), dalla croce di vetta lo sguardo spazia dal San Vicino, imponente alle spalle, alla cima del Catria, che fa capolino con la sua gobba, alla Gola della Rossa, degradando pian piano sulla valle dell’Esino fino a raggiungere il mare ed il Conero, dove si intuisce Ancona. Al centro della vista è il bel lago di Cingoli, con la sua acqua turchese.
Elcito, il piccolo Tibet delle Marche
Dopo essersi rinfrancati l’animo e riempiti gli occhi di bello, si riprende il cammino voltando verso destra per cominciare a scendere verso il piccolo borgo semidisabitato di Elcito, che si raggiunge in 15-20 minuti (dipende se siete più presi dal correre per allenarvi – il mio consiglio è di andare da un’altra parte – o dall’assaporare le meraviglie del creato che vi offre il panorama). Elcito sorge a 823 mslm e per la sua altitudine, oltreché per la sua silenziosità e il suo isolamento dorato (beata solitudo, sola beatitudo!), è stato soprannominato “il piccolo Tibet delle Marche”. Visitato il borgo, quasi completamente restaurato, e magari gustata una succulenta crescia farcita di erbe e salumi locali al piccolo ristoro “il Cantuccio”, dove la giovane coppia di gestori vi accoglie con molta simpatia sfoggiando uno sfavillante accento locale, si risale attraverso la strada asfaltata in direzione della sella di Monte Vincola (a circa 2,5 km). Da qui si percorre lo stesso sentiero dell’andata, con la sola variante, da qualche decina di metri dopo la sorgente dei Trocchi, data dal proseguire diritti per una sfiancante salita di circa venti minuti, che permette però di raggiungere i Prati del San Vicino guadagnando qualche decina di metri di dislivello.
L’escursione è davvero appagante per i bei panorami che offre e soprattutto non è assolutamente proibitiva (poco più di 10 chilometri di sentiero per circa 400 mt. di dislivello assoluto e 600 di dislivello totale: qui a questo link, sul mio Wikiloc, è possibile visualizzare il percorso e la descrizione). L’ultimo tratto dopo la sorgente potrebbe destare qualche pensiero, ma è sufficiente non affrettarsi e prendersela comoda serpeggiando a zig-zag sulle balze del sentiero come una capretta. Per tornare al Tibet: kalipè, passo corto e lento (in questo caso davvero molto corto e lento). Arrivati ai Prati, tuttavia, il pomeriggio ci regalava ancora un paio d’ore di bella luce e bisognava aggiungere qualcosa alla nostra escursione, perché non si è mai sazi di bello. E così ci abbiamo aggiunto la visita all’antica Abbazia di Valdicastro, nei pressi di Fabriano, dove secondo la tradizione sarebbe morto San Romualdo, l’eremita fondatore dell’ordine camaldolese.
L’abbazia di Valdicastro
Proseguendo la strada panoramica dai Prati di San Vicino, si comincia a scendere fino al Pian dell’Elmo. Da qui, tralasciata la strada asfaltata che scende ad Apiro, si imbocca a sinistra una grande strada bianca che sale leggermente per circa due-trecento metri, per poi cominciare a scendere decisamente. Aggirato il Pian dell’Elmo, la strada continua sempre in discesa fino a raggiungere il fondo della valle mentre la luce del sole ci regala un’illuminazione davvero mozzafiato di tutto il paesaggio (gli inglesi la chiamano golden-hour). Nel canalone situato in basso tra imponenti colli, adagiata su un piccolo piano, si trova l’abbazia di Valdicastro, fondata nel 1005 da San Romualdo e recuperata da privati nel 2006, dopo un lungo e complesso restauro. Qui la cooperativa Valdicastro è specializzata nell’allevamento di vacche di razza Marchigiana e Charolaise e nella vendita online di carne. Date un’occhiata al suo sito a questo link.
Non resta che raggiungere Fabriano e, attraverso la superstrada, imboccare la direzione per Roma.
Ed ecco di seguito un po' di foto...
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