Se l’avesse saputo avrebbe certamente tirato giù qualche improperio. Di quelli che era solito proferire, nella sua verace toscanità, quando qualcuno dei suoi ragazzi ne combinava una delle solite. Sicuramente, comunque, non avrebbe gradito. Perché lui gli oratori (i “ricreatori” come li chiamava), non li ha mai mandati giù. Si trasformano subito - diceva - in luoghi dove il fisiologico bisogno di ricreazione di ogni ragazzo, si converte istantaneamente in “divertimento fine a se stesso”. Memorabile fu la volta in cui, a San Donato, fece volare giù dalla finestra della Casa Parrocchiale gli attrezzi del ping-pong (tavolo, racchette e tutto il resto). In tempi in cui, gli anni ‘50 della faticosa ripresa postbellica, i preti costruivano gli oratori più per competizione con i comunisti, quanto perché credevano nella loro valenza educativa. Sicché tra i primi e i secondi, nel gestire campi di calcio, cinematografi e barretti con biliardino, non c’era più alcuna differenza. I suoi ragazzi erano abituati invece al duro lavoro intellettuale della scuola popolare. E non perché non amassero divertirsi, ma semplicemente perché Don Milani non proponeva loro alcun divertimento. Non era colpa sua - affermava infatti - se si era preclusa da sé “ogni possibilità di formarsi un’opinione serena sulla ricreazione oratoriale”. E così accostare il nome di Don Milani a quello del futuro oratorio di Capranica (anche se si tratta, per il momento, soltanto della piazza dove sorgerà la struttura), è alquanto forzato. O comunque, dimostra di non conoscere nemmeno superficialmente la figura di Don Milani. Perché è fin troppo chiaro che quest’accostamento faccia male alla memoria di quel prete profetico e straordinario che tanto amiamo. Ma allora perché il nome di Don Milani? Non lo sappiamo, né vogliamo entrare nel merito di questa decisione che rispettiamo nella maniera più assoluta. Solo ci limitiamo a far notare garbatamente che questa scelta non ci sembra rispettare il messaggio e il lavoro di quella grande figura di prete. Perché accostare sia pure en passant il nome di Don Milani all’oratorio, equivale a pretendere, con un esagerazione iperbolica, di intitolare a Padre Agostino Gemelli la piazza di fronte al nuovo santuario di Padre Pio da Pietrelcina, o a San Francesco d’Assisi, profeta della povertà, l’opulenta via Montenapoleone a Milano. Che c’azzecca, allora, Don Milani con l’oratorio?
11 dicembre 2007
05 dicembre 2007
La speranza. Virtù che non delude
04 agosto 2007
Monte Campo da Pescopennataro (IS)
Domenica scorsa, 29 luglio, insieme ai ragazzi del campo (1^, 2^ e 3^ media A.C.R., più un paio di giovanissimi), siamo saliti alla cima del Monte Campo (1.746 mslm) con partenza dall'ostello Montagna Amica, nei pressi di Pescopennataro (IS).
Siamo partiti intorno alle 8,40 per raggiungere, attraverso ul sentiero C.A.I. che attraversa il bosco di abeti soprani di Pescopennataro, l'eremo di San Luca, dove arriviamo in circa un'oretta (gli ultimi del gruppo). Qui, all'ombra del piazzale antistante la piccola chiesetta, sostiamo quasi una mezz'ora e ripartiamo intorno alle 10,10 percorrendo, con un po' di attenzione, la strada asfaltata che porta a Prato Gentile (1.573 mslm), località sede di una bella pista da sci di fondo, che ha ospitato tre anni fa la Continental Cup. Alle 10,30, dopo circa un chilometro di strada asfaltata, siamo pronti ad affrontare l'ultima e più faticosa parte del percorso, imboccando il sentiero che dal rifugio bar di Prato Gentile conduce alla vetta di Monte Campo. Costeggiando gradatamente in salita il grandioso balcone roccioso del Monte si arriva dopo circa mezz'ora alla nuda roccia. Siamo alla croce di vetta alle 11,20 circa.
Qui la vista è veramente superba con l'enorme Maiella che spicca verso nord, la valle del Sangro, i Monti della Meta e le ultime propaggini dei Monti Marsicani a nord est, le Montagne del Matese a est, a ovest la valle del Sangro che si insinua nel lago di Bomba... e poi altri monti a sud che non riesco a identificare.
E' stata la prima salita in vetta di Sara... che quando è arrivata in cima ha baciato la croce insieme al papà...
Siamo partiti intorno alle 8,40 per raggiungere, attraverso ul sentiero C.A.I. che attraversa il bosco di abeti soprani di Pescopennataro, l'eremo di San Luca, dove arriviamo in circa un'oretta (gli ultimi del gruppo). Qui, all'ombra del piazzale antistante la piccola chiesetta, sostiamo quasi una mezz'ora e ripartiamo intorno alle 10,10 percorrendo, con un po' di attenzione, la strada asfaltata che porta a Prato Gentile (1.573 mslm), località sede di una bella pista da sci di fondo, che ha ospitato tre anni fa la Continental Cup. Alle 10,30, dopo circa un chilometro di strada asfaltata, siamo pronti ad affrontare l'ultima e più faticosa parte del percorso, imboccando il sentiero che dal rifugio bar di Prato Gentile conduce alla vetta di Monte Campo. Costeggiando gradatamente in salita il grandioso balcone roccioso del Monte si arriva dopo circa mezz'ora alla nuda roccia. Siamo alla croce di vetta alle 11,20 circa.
Qui la vista è veramente superba con l'enorme Maiella che spicca verso nord, la valle del Sangro, i Monti della Meta e le ultime propaggini dei Monti Marsicani a nord est, le Montagne del Matese a est, a ovest la valle del Sangro che si insinua nel lago di Bomba... e poi altri monti a sud che non riesco a identificare.
E' stata la prima salita in vetta di Sara... che quando è arrivata in cima ha baciato la croce insieme al papà...
La chiesetta dell'Eremo di San Luca Evangelista |
L'arrivo delle retroguardie del gruppo |
Dall'Eremo di San Luca a Prato Gentile: la strada a destra... in salita (leggera) |
La Colonia Montana (Ostello Montagna Amica) visto dall'Eremo di San Luca |
Arrivo sulla terrazza rocciosa di Monte Campo |
La grande croce di vetta |
Capracotta |
Pescopennataro col tele... da Monte Campo |
La colonia montana |
Prato Gentile |
Saretta: oggi ha raggiunto la sua prima "vetta"! |
Padre Julian Perez e Silvia |
Papà e Saretta |
Tamara fotografa la Maiella |
Martina e Tamara |
Foto di gruppo con l'autoscatto! |
A Prato Gentile: Saretta... |
...Giuseppe e... |
...Mone! |
11 giugno 2007
www.asianews.it
Pubblicato su "Identità", n. 5/6 (mar/giu 2007)
05 aprile 2007
Guardando la croce
«Guardando la croce, vedrete
che Gesù ha le braccia aper-
te, perché vu-
|
||
ole abbracciarvi; ha il
capo piegato, perché vuole baciarvi; ha il cuore sanguinante, perché vuole
accogliervi. Quindi, quando vi sentite soli e spiritualmente poveri, guardate
la croce: il dolore, la sofferenza, l'umilia-
|
||
zione, il dispia- cere, la solitu- dine, altro non
sono che oc- ioni per esse- re solidali con chi,
come voi, si sente solo, sofferente o abbandonato». Madre Teresa
di Calcutta
|
||
05 marzo 2007
Ipse dixit - Isaiah Berlin e Leonardo Sciascia
03 febbraio 2007
L'Espresso e i confessionali
Dopo il sondaggio commissionato dai cristiano sociali (DS) su "Repubblica" su come la pensano i cattolici in tema di eutanasia e PACS, ecco ora l'inchiesta sui confessionali apparsa la scorsa settimana sull'Espresso.
Ancora una volta l'intento è molto chiaro: dimostrare che tra quanto afferma pubblicamente la Chiesa cattolica e quanto invece viene praticato (prima il pensiero dei cattolici praticanti, ora l'agire dei singoli sacerdoti in tema di confessione), è completamente slegato dalla realtà.
Peccato che Riccardo Bocca, autore dell'inchiesta, si dimostri particolarmente ignorante in tema di sacramenti. Tanto da non meritare assoluzione. Proprio come avrebbe voluto che i malcapitati sacerdoti da lui così subdolamente ingannati avessero risposto.
Ma non ha tenuto conto della grazia e della misericordia di Dio che imperscrutabilemente e insondabilmente intervengono durante il sacramento della confessione.
Ma questo a Bocca non importava...
P.S. L'Espresso: ma come si fa a comprare e a leggere un giornale così fazioso?
20 gennaio 2007
La morte non è niente
Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.
Henry Scott Holland (1847-1917), canonico della cattedrale di St. Paul (Londra).
13 gennaio 2007
Eutanasia: dopo Welby, ecco il caso Ridolfi
Fabio – è suo fratello Andrea che espone la situazione, ma solo a domanda dell’intervistatrice – ha 31 anni, e a causa di una trombosi, ormai da tre anni, vive in stato vegetativo: non si muove, non parla, non comunica ad eccezione che con gli occhi, unico organo che riesce a muovere. Ed è con gli occhi che comunica al fratello la sua intenzione di morire, perché la sua non è vita – dice – ma solo sofferenza.
“Ma siete disposti voi familiari a sopportare tutto lo strascico di polemiche e dibattiti che seguirebbe all’eutanasia di Fabio?”, a questa domanda Andrea risponde sicuro: “Si”.
Intanto Fabio, tifosissimo della Roma, ha ricevuto poco prima di Natale un pallone consegnatogli dal Presidente del Roma Club di Ancona con le firme autografe di tutta la squadra. E all’esortazione del capitano Francesco Totti che lo invita “a non mollare”, risponde che non può, perché vuole morire.
Il tempo di superare la botta che simili storie ti lasciano dentro e fare qualche ricerca in internet.
E così scopro che i radicali e l’Associazione Luca Coscioni si sono già occupati di Fabio (ecco il link), che la vedova di Welby segue particolarmente il suo caso, che già viene definito come “il nuovo Welby”, che dal 6 gennaio in poi, in pratica, ne hanno scritto davvero tutti, persino l'ADUC, anche se per primo, già dal 1° novembre, ne aveva scritto il Messaggero. Anche il Corriere dell’Adriatico si occupa di lui lo scorso 6 gennaio. Ed è questo giornale che riporta le volontà ultime di Fabio, affidate al fratello Andrea: "Voglio morire. Non mi fermerò fino a che le cose non cambieranno. Va contro il diritto umano obbligare una persona a vivere. E' vergognoso che qualcun altro decida per te. Da che esistiamo esiste il libero arbitrio. Nessun essere umano deve essere privato di tale diritto". Anche Studio Aperto ha ricevuto un suo appello. Attraverso una lavagna luminosa Fabio è stato in grado di “scrivere” con gli occhi: "Sono 3 anni che non parlo, non mangio per bocca e non mi muovo. Tra mille dolori. Mi rivolgo a coloro che devono decidere. Mettetevi una mano sulla coscienza e domandatevi se questa vita. A 30 anni non ho più ambizioni. Vivere così non ha senso”.
Tanto rumore mediatico quindi. E possiamo stare sicuri che non finirà qui. Anche perché, come riporta l'ADUC, avendo Fabio “chiesto di partecipare all'attività dell'Associazione 'Luca Coscioni', dichiara di essere disposto a partecipare al dibattito pubblico e di essere oggetto dell'attenzione dei media”, anche se con l'aiuto del fratello.
Cosa dire? Fabio non sarà il primo né l'ultimo malato che verrà usato per scardinare ex lege l'unico ostacolo all'eutanasia: gli artt. 578 e 579 del Codice Penale. Altre storie, altri Welby, saranno portati alla ribalta dell'opinione pubblica per combattere quella che molti definiscono “una battaglia di civiltà”. E ogni volta che ne consumeranno uno, immolandolo all'altare del dio del Progresso e della Post-modernità, ne cercheranno altri. Fino ad ottenere lo scopo dichiarato. E forse, nel dare in pasto alla gente i prossimi casi, si additeranno non più come i “nuovi Welby”, ma come i “nuovi Ridolfi”, e così via...
Fino a che Parlamento non legiferi...
12 gennaio 2007
Sulla moratoria universale della pena di morte, un pensiero politicamente scorretto
Oggi c'è un editoriale a firma di Davide Rondoni a proposito della pena di morte, dal titolo "Tanto - giusto - clamore oggi dove ieri era silenzio". Il dibattito sulla pena di morte è "chic", afferma Rondoni. In pratica, in maniera più elegante, Rondoni dice quanto ho scritto nei giorni precedenti su questo blog. Poiché si vede da lontanissimo che il dibattito sulla moratoria universale lanciato dalla proposta italiana all'ONU è insincero e opportunistico. Riporto un passo del pezzo di Rondoni che mi sembra davvero significativo, laddove dice che "l'ondata di proclami venuta dopo la fine di Saddam (...) è viziata in molti casi da quell'atteggiamento intellettuale e anche politico per cui un'idea diviene buona solo quando la pronuncia qualcuno e ad altri conviene che sia sbandierata. Lo chic, infatti, è colui che guardando il mondo un po' dall'alto al basso punta innanzitutto alle proprie convenienza e immagine".
Tutto questo è "chic". Come tutti i dibattiti, nessuno escluso, che vengono proposti da chi ci governa in questo momento o in genere - da sempre - dalla sinistra. Le loro proposte sono sempre di "alto contenuto umano", sono sempre "sfide di modernità", sono "istanze legittime"... E giù aggettivi e sostantivi d'effetto, possibilmente di sinistra. Addirittura riescono in molti casi a coniarne di nuovi o di "sostitutivi" (con il medesimo significato di quelli "sostituiti". E non utilizzo volutamente il sostantivo "sinonimi"). Non si tratta di utilizzare dei sinonimi sic et simpliciter, ma, sic et sempliciter, di “usare altri vocaboli”. Il succo non cambia. Come per i destrissimi "condoni" sostituiti ormai da sinistrissime "regolarizzazioni", già nel corpo del programma elettorale dell'Unione.
Ma lasciamo perdere questo argomento e torniamo a Rondoni.
Insomma: tutto questo chiasso... cui prodest? A chi giova? Continua Rondoni che "far chiasso ora intorno alla pena di morte può essere conveniente. Per motivi diversi: per banale ricerca di visibilità (facilmente accordata da media conniventi) o per più raffinata strategia di diversione da altri problemi." Come il dibattito sull'eutanasia? Come quello sui PACS? Come quello sulla libera sperimentazione sugli embiorni? Solo per citarne alcuni...
Perché sono queste, secondo me, le cose dove si "saggia" l'azione di un governo. Non è l'economia (oramai tristemente appiattita tra destra e sinistra). Non sono le infrastrutture o i lavori pubblici. Non è la riforma dei cicli scolastici o dell'università.
Ma è la tutela della vita degli esseri umani, da quando nascono a quando muoiono, con tutti i problemi che si portano addosso solo per il fatto di campare... La politica oggi deve dare queste risposte. A tutti i livelli, da quello locale a quello nazionale. E' troppo facile far politica sulle opere pubbliche...
E poiché, continua Rondoni, "molti di coloro che oggi gonfiano il petto e i titoli contro la pena di morte, hanno assistito muti e pigri ogni volta che si denunciava la morte come pena per intere popolazioni o la tragica realtà di esecuzioni capitali in luoghi meno famosi", oggi gridano per l'abolizione della pena capitale solo perché gli conviene e perché è "politicamente corretto".
Ma noi siamo sempre all'opposizione di questi modi di intendere la politica. Siano essi di destra o di sinistra...
03 gennaio 2007
L'Italia, la pena di morte, l'eutanasia
E nel nome di questa proposta si riesce persino a far recedere, almeno in parte, il buon Marco Pannella dallo sciopero della fame e della sete: ora berrà ma non mangerà, o viceversa, ora mangerà ma non berrà… (temo di non aver capito bene, ma va bene così).
Allora. Qual è il punto? Il punto è che la pena di morte “scandalizza”. E’ inumana, è barbara, è assurda. Ci si domanda il perché viene ancora comminata come pena quando non risolve nulla in quanto pedagogicamente ininfluente, sia dal lato del condannato, che comunque non si redimerà, sia dal lato di chi la vede praticare, poiché non è certo vedendola fare che non commetterà mai alcun delitto…
Tutte motivazioni ben condivisibili. E ci mancherebbe altro che non lo fossero.
Ma, forse perché non riesco a cogliere in generale le sottigliezze del ragionamento, ho la sensazione che ancora una volta si vogliano utilizzare due pesi e due misure intorno alla morte delle persone. Perché non mi venite a dire che non è stata pena di morte quella decisa dal Giudice nel caso dell’uccisione – così si chiama – di Terry Schiavo nella primavera del 2005 (era la settimana Santa)… Era un vegetale, fu detto. Eppure era viva. Sorrideva e si alimentava, cose che mi riesce difficile capire che vengano fatte da un vegetale, soprattutto sorridere... Fu lasciata morire di fame e di sete in un’agonia lunga 15 giorni perché il Giudice aveva deciso così… E le persone che ora si stracciano le vesti e che chiedono una moratoria universale alla pena di morte, si guardarono bene dal prendere posizione. Dopotutto, a difendere Terry e il suo diritto di vivere c’erano solo una massa di bacchettoni, di vetero-cattolici integralisti e tradizionalisti….
Sono le stesse persone che rivendicano il diritto da parte dei malati di farsi staccare i respiratori, di rifiutare le cure… Benpensanti, illuminati e magari “adulti” nella fede…
Anche “staccare la spina”, provoca una fine inumana, barbara, assurda… ma nessuno lo dice...
Per questo non credo a chi cavalca le proposte facili… da tutti condivisibili come la moratoria universale alla pena capitale...
Troppo facile. Non c'è niente di profetico, caro Presidente del Consiglio, On. Prof. Romano Prodi...
Iscriviti a:
Post (Atom)